Il quotidiano online https://www.repubblica.it ha pubblicato questo interessante articolo nella rubrica Green&Blue.

Un buon esempio di riqualificazione che non sacrifica il territorio. Nel 1963, quando si esaurì il giacimento e chiuse la miniera da cui si estraevano piombo e zinco argentifero, l'Argentiera divenne una sorta di villaggio fantasma. La grande laveria puntava le sue finestre con i vetri rotti, come orbite vuote, sul mare cristallino di Sardegna. A pochi chilometri da Sassari, sulla costa Nord-ovest dell'isola, negli anni successivi le spiagge intorno all'ex insediamento minerario erano frequentate da amanti del mare più selvaggio, che quando soffia il maestrale è inavvicinabile. Negli ultimi anni, però, un progetto di riqualificazione delle strutture e di bonifica dei terreni, inquinati da metalli pesanti degli scarti di lavorazione, ha avviato all'Argentiera un percorso che potrebbe essere un modello turistico per una regione che volesse accogliere i visitatori senza snaturare le sue coste.

Ristrutturare edifici è infatti uno dei capisaldi per frenare il consumo di suolo. In una tra le preziose mappe del rapporto Ispra-Snpa "Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici" del 2023, spiccano le differenze tra regioni che hanno avuto un recente sviluppo turistico, come la Puglia, e la Sardegna. L'isola, oltre ad avere meno arrivi rispetto, per esempio, al Salento, è stata protetta dalla cementificazione selvaggia non soltanto da una densità di popolazione molto più bassa, ma anche da una legge approvata nel 2004. La cosiddetta "salva coste", che impone come misura di salvaguardia l'inedificabilità dei territori entro i due chilometri dalla battigia, nonostante i continui tentativi di modificarla, è ancora un vincolo che aiuta la Sardegna a resistere alle colate di cemento delle speculazioni per gli hotel a 5 stelle. 

Il progetto MAR-MinieraARgentiera è appunto un esempio di come si possono riutilizzare strutture senza svendere il paesaggio. Il progetto partecipato mira infatti alla tutela, valorizzazione e rivitalizzazione dell'antico complesso minerario, con la ristrutturazione dell'antica laveria e la realizzazione di un museo a cielo aperto a realtà aumentata. Nel 2022, è stato inaugurato il cineteatro all'aperto "Scala" e la scorsa estate è arrivato "Frontemare" un nuovo spazio destinato alla socialità, al gioco e agli eventi culturali e sportivi. Gli attori del progetto, che ha vinto la quarta edizione del Premio Creative Living Lab promosso dal ministero della Cultura, sono l'associazione LandWorks, che comprende numerosi partner locali (tra cui il Comune di Sassari, Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna, Fondazione Sardegna Film Commission, il Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell'università di Sassari) e internazionali.

Sandro Roggio, architetto, è uno dei professionisti sardi che hanno lavorato al recupero della laveria, destinata tra le altre cose a museo della miniera, con il gruppo del professor Pasquale Miano della Federico II di Napoli. "Si è trattato di un progetto molto stimolante - spiega - perché il bene è tutelato e la prospettiva di recuperare un edificio bello e suggestivo dove avrebbe potuto sorgere un albergone ha dato valore aggiunto al nostro lavoro. La laveria è il corpo di fabbrica più rilevante della vecchia miniera, la struttura in cui si riorganizzavano i materiali di esportazione e anche con la riqualificazione resta il fulcro di tutto il complesso. Il lavoro si è concluso ed è stato collaudato sei anni fa - conclude Roggio - quindi è pronto per essere utilizzato: se il Comune di Sassari lo desse in affidamento a un soggetto imprenditoriale capace di gestirlo secondo i criteri che ne hanno ispirato la riqualificazione si presterebbe a molteplici usi, perché ci sono parti da adibire a foresteria, ristorazione e centro convegni".

A monte della laveria ristrutturata, intanto, prosegue un altro intervento condotto da ricercatori del Dipartimento di Agraria dell'Università di Sassari per il recupero e la messa in sicurezza dei terreni contaminati da metalli pesanti, residui delle estrazioni. Lo studio si svolge nell'ambito del progetto PRIN (progetti di ricerca di interesse nazionale) Rizobiorem, coordinato dal professor Massimo Fagnano, progetto che ha finanziato gli ultimi 4 anni di attività all'Argentiera. "La riqualificazione del suolo è cominciata da diversi anni - dice la professoressa Paola Castaldi - le nostre prime indagini avevano rilevato che in alto, in prossimità della laveria, si trovava un'area fortemente degradata, dove le concentrazioni di antimonio, cadmio, piombo e zinco erano ben oltre i livelli di legge che definiscono un terreno potenzialmente contaminato. Ci siamo proposti di recuperare la funzionalità del suolo e ripristinarne i servizi ecosistemici con nature based solutions e i risultati sono molto confortanti».

Il gruppo dell’Università di Sassari ha lavorato per ora su poco più di due ettari. «Abbiamo usato del compost per migliorare la salute del suolo e poi abbiamo impiantato alcune specie in linea con la vegetazione dell’area, come l’elicriso. Queste due azioni hanno avuto un effetto di innesco - conclude Castaldi - e in breve alle piante messe a dimora da noi se ne sono aggiunte molte altre, in particolare leguminose come il Lotus corniculatus, che grazie alle sue radici ricche di noduli fissa l’azoto atmosferico. E la funzionalità biologica del suolo è migliorata».

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