Tre erano le mete tradizionali per l'ancora più tradizionale gita fuori porta nel giorno di Pasquetta, a Roma, quando ero piccola io:

1) l 'Appia Antica, fuori porta San Sebastiano, a raccogliere margheritine, che poi arrivavano a casa tutte smosciate, ma messe in un bicchiere con l 'acqua si riprendevano e duravano qualche giorno... Mi chiedo, oggi, perché in un bicchiere... ma tant 'è... a casa mia si usava così.

2) i Castelli Romani dove si trovavano le  "fraschette " tipici locali en plein air con lunghi tavoli con tovaglie di carta e panche dove venivano offerte (pagando s 'intende) fave freschissime, colte lì per lì, pecorino romano con la lacrima e la coccia nera. («Mariagrazia leva la coccia, diceva Mamma, ché è fatta col sapone e la cenere») e vino locale che scendeva giù per la gola verso lo stomaco, delizioso come acqua di fonte, ma quando ti alzavi... Non ti alzavi... Perché le ginocchia non reggevano più... Era arrivata la ciucca.

3) Monte Mario al di là del Tevere (Nonna alzava gli occhi al cielo, con fare drammatico) dove si arrivava con un sferragliante tranvetto e dove c 'era un posto (non posso definirlo altrimenti) come al solito con lunghe panche e tavoli, senza tovaglia questa volta, e con un grande cartello:  "SI ACCETTANO CLIENTI CON CIBI PROPRI "... e lì i romani si sbizzarrivano in grandi teglie di paste al forno.

Ogni volta che pensavo a questi posti così tipicamente romani, mi prendeva sempre un senso di nostalgica malinconia.

Ma quest 'anno no.

Quest 'anno ho passato la Pasqua a casa di Marco in Sardegna: ha cucinato lui, da gran chef, minestra stracciatella, abbacchio con i carciofi legati con l 'uovo e limone, puntarelle condite con salsetta di alici aglio limone e olio... uovo di cioccolato e colomba... mancava la pizza col formaggio... ma insomma, contentiamoci... per il resto le tradizioni sono state rispettate.
Il giorno di Pasquetta abbiamo fatto la gita di prammatica che è stata la più emozionante che mi potessi immaginare.

Insieme a Maria Elena Sini, mia amica in Facebook e mia amica nella vita, insieme a Marco (il figlio disponibile) siamo andati all 'Argentiera. È una vecchia miniera d 'argento abbandonata ma con tutti gli edifici ancora in piedi: malandati e cadenti per l 'incuria, ma ancora recuperabili. E infatti, piano piano, vengono restaurati, questi edifici: restaurati, appunto, e non buttati giù e  "rifatti ". Lì, un tempo, c 'erano uffici, magazzini, abitazioni per i minatori e i dirigenti... e c 'è un attracco per le navi che portavano rifornimenti e ripartivano col materiale estratto dalla miniera. Ho sentito dire che ci faranno un museo.

Una birretta al piccolo bar sulla piazzetta e ripresa la macchina siamo arrivati su un promontorio: sotto abbiamo ammirato il mare con quei colori cosi tipici della Sardegna! Dal blu cobalto al turchese al bianco della spuma che orla gli scogli bruni. Lo guardavo dall 'alto, questo straordinario mare, affascinata... poi mi sono voltata indietro, verso la collina e sono rimasta col fiato sospeso... il respiro è diventato affannato. No, no davvero, non avevo mai visto nella realtà uno spettacolo così straordinario... Qualche pittore con gli occhiali di artista che danno visioni allucinate, poteva vedere quello che ho visto nella realtà: un grande, grandissimo prato viola... ma proprio viola viola e questo colore la nostra incomparabilmente bella natura ce lo aveva regalato con la crescita spontanea di piccoli iris selvatici... E intanto il breve vento ci portava il profumo di mirto, di rosmarino, di aglio selvatico, ma anche di iodio e di salsedine.

Ho alzato gli occhi al cielo e... Nuvole stracciate dal vento sembravano poggiate sul cielo decisamente azzurro. Il cuore mi si aperto a tanta bellezza ed un sospiro mi salito dal petto e... grazie Gran Dio per questo straordinario e irripetibile dono.

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